PARROCCHIA San Pietro Apostolo Bolgare

Domenica 26 agosto 2018 - Solennità di Sant’Alessandro, Patrono della diocesi di Bergamo

1ª lettura: 1Mc 2, 49-52.57-64

2ª lettura: Fil 1, 27-30

Vangelo: Gv 15, 9-16

 

Credente perché giusto, giusto perché credente

 

Oggi le parrocchie della nostra diocesi di Bergamo fanno una piccola pausa nello scorrere del Tempo Ordinario. Una pausa gioiosa, perché siamo invitati a festeggiare il nostro santo patrono, il martire Alessandro, che – se non ha portato ex novo la fede cristiana nella terra bergamasca – di certo ha contribuito alla sua diffusione, agli albori della storia della nostra religione. Siamo, infatti, a cavallo del secondo-terzo secolo d.C., quando ancora a Bergamo, a quanto pare evangelizzata il secolo precedente dall’apostolo Barnaba, non esisteva una sede vescovile. Per avere il primo vescovo, Narno, dovrà passare ancora un secolo circa: quei pochi cristiani – pochi e perseguitati – che risiedevano nell’allora “cittadina sul monte” (questo il significato di Bergheim) avevano come unico riferimento la più grande e importante Mediolanum dove già esisteva una sede vescovile, seppure in clandestinità.

Da dove viene, quindi, l’opera evangelizzatrice di Alessandro? E chi era, questo personaggio semileggendario da cui abbiamo ricevuto una fede cristiana trasmessa lungo i secoli e divenuta vitale, viscerale per le nostre popolazioni? Credo che ripercorrere le tappe della vicenda storica (almeno di ciò che sappiamo) del nostro giovane patrono ci possa aiutare anche a raccogliere spunti di riflessione e di etica cristiana molto attuali e utili alla nostra vita di fede quotidiana. Perché di fede quotidiana si tratta anche quando si parla di Alessandro, questo giovane soldato “vessillifero” (per quello lo vediamo sempre rappresentato con lo stendardo in mano), portabandiera forse perché affezionato e appassionato alla sua Legione militare, la Legione Tebea dell’Impero Romano, formata appunto da giovani soldati di Tebe. La Tebe della Legione Tebea non era l’antica e gloriosa città greca, bensì un’antica e strategica città del sud dell’Egitto, dove attualmente sorge la famosa città di Luxor, lungo la valle del Nilo. E già qui, sapere che colui che diventerà il santo patrono della nostra terra bergamasca era un giovane egiziano forse può provocare un po’ di malumore o perplessità in qualcuno, ma di certo ci aiuta a capire che la fede cristiana che abbiamo ricevuto e che siamo chiamati a trasmettere non si basa su prerogative territoriali o di razza, ma sull’annuncio missionario (a volte volontario, altre volte forzato come fu per Alessandro) che come tale va oltre ogni differenza, distinzione, discriminazione.

Ebbene, la Legione Tebea di cui Alessandro faceva parte doveva difendere i confini, le periferie dell’impero nella sua zona sud orientale, in un crocevia di culture e di popolazioni che non doveva rappresentare una vera e propria situazione idilliaca. Sta di fatto però che gli eventi della storia costrinsero i Romani a spostare le loro Legioni orientali a occidente, per difendere i confini nord occidentali dagli attacchi delle prime popolazioni barbariche europee. Così, la Legione Tebea fu spostata nella zona dell’attuale Svizzera, con un incarico ben preciso: evitare che gli abitanti delle zone nord dell’Impero congiurassero contro Roma, divenendo un punto di appoggio per i barbari invasori. Come sempre, in quel periodo, quando si pensava a una congiura contro Roma si pensava alla presenza infiltrata della setta dei cristiani: per cui, ad Alessandro e ai suoi compagni fu chiesto di sterminare gli abitanti di fede cristiana delle zone del Vallese. Ma Alessandro e molti dei suoi compagni si opposero a quest’ordine: non sappiamo se Alessandro fosse già venuto a contatto con il cristianesimo, in quel periodo della sua vita. Di certo, agì per amore della giustizia e della verità (e il suo nome, Alessandro, “uomo della verità”, diviene emblematico). Per evitare quindi di compiere una strage, essi disertarono, e oltrepassando le Alpi giunsero nella nostra regione, dove entrarono a contatto con il cristianesimo abbastanza diffuso dalla predicazione dei primi vescovi di Milano.

Ricevuto il battesimo, Alessandro non solo si oppose agli ordini ingiusti del suo comando che chiedeva di sterminare i cristiani, ma divenne evangelizzatore di quei luoghi dove, per la necessità di sfuggire a una morte certa, si era nascosto. Ecco quindi la dimensione quotidiana e per nulla eroica della vita di Alessandro: annunciare il vangelo in ogni situazione, anche quelle in cui non ci è data la possibilità di farci vedere, di metterci in mostra, di sbandierare i vessilli del cristianesimo: cosa che invece spesso ci piace fare, con le più svariate motivazioni, personali e pubbliche, legittime o meno. Capita che a volte ci importi poco dei valori della fede: l’importante è che vengano sbandierati per legittimare tante nostre scelte a livello sociale e politico. Alla fine, Alessandro, dopo varie catture e altrettante fughe in varie zone della nostra regione, giunge a Bergamo, dove inizialmente viene nascosto da alcuni cristiani provenienti dal comasco: poi però non può più sfuggire alla cattura. Incarcerato, è sottoposto a processo non solo per diserzione, ma anche per avere abiurato la fede nell’imperatore rifiutando di offrire sacrifici per lui. La sua morte, avvenuta per decapitazione dove sorge ora la Colonna di Sant’Alessandro nella Città Bassa, generò alla fede molti più cristiani di quanto non fece la sua parola: dalla nobile matrona Grata che ne seppellì il corpo in Città Alta presso uno dei suoi possedimenti ai giovani soldati Fermo e Rustico che sul suo esempio abbracciarono la fede cristiana, la sua morte divenne testimonianza, omelia vivente della fede cristiana vissuta fino in fondo, con coerenza, fino alla morte.

Come spesso si dice, “il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”: e questo a Bergamo fu possibile grazie al sacrificio di un giovane soldato egiziano che ha professato l’amore alla verità più che alla sua stessa vita. Missione, accoglienza di chi viene da mondi diversi dal nostro, amore alla verità, testimonianza cristiana semplice, ma profonda, fino alla fine: ce n’è quanto basta, per celebrare l’attualità di quella fede che Alessandro ha donato alla nostra terra quasi duemila anni fa.