PARROCCHIA San Pietro Apostolo Bolgare

Venerdì 29 giugno 2018 - Solennità dei SS. Pietro e Paolo.

 

È così bello essere tutti diversi!

 

Di cose belle, nella Chiesa, ce ne sono davvero tante. È vero, ci sono anche tante cose brutte, tanti episodi poco piacevoli dovuti all’insensibilità, alla mancanza di carità, al desiderio di dominare sugli altri, in definitiva al peccato che è dentro di noi. Tutte cose che avvengono proprio perché siamo “Chiesa”, ovvero assemblea, riunione, incontro e insieme di persone, le più diverse tra di loro, ognuna con il proprio temperamento e il proprio carattere. È una fatica, certo: ma a mio modo di vedere questa è anche la ricchezza della Chiesa, una di quelle tante, belle cose di cui parlavo all’inizio. E come sempre, le cose più belle sono quelle che valgono di più, e quindi costano anche di più. Costano fatica, sacrificio: ma ne vale la pena. Vale davvero la pena fare la fatica di costruire una comunità fatta di persone diverse, molto diverse tra loro, a volte anche in conflitto tra di loro, se, in fondo a tutto, c’è un’unica speranza, un’unica fede, un’unica carità, che rispondono tutte e tre al nome del Dio di Gesù Cristo.

E questa fatica la possiamo fare solo perché qualcuno l’ha già affrontata prima di noi. Pensiamo forse che i conflitti e le fatiche non ci siano stati sin dai primi momenti della vita della Chiesa, quelli in cui – leggendo gli Atti degli Apostoli – tutto sembrava essere pacifico e sereno perché tutti erano “un cuor solo e un’anima sola”? Se pensiamo questo, allora è sufficiente mettere a confronto le due figure di santi che veneriamo oggi. Non due santi qualsiasi, ma quei due santi che la nostra fede considera le colonne portanti della vita della Chiesa, e dei quali Pietro è pure il nostro patrono. Chi ha mai detto che questi due santi, che ricordiamo nello stesso giorno e con la stessa intensità e solennità, hanno vissuto la fede in maniera simile e omogenea? Chi ritiene che siano andati sempre d’accordo? Chi se la sente di sostenere che non esistono modi diversi per dire la stessa fede? Chi sostiene questo, non conosce Pietro e Paolo.

Non conosce il Pietro delle sicurezze e il Paolo delle sfide. Non sa che uno è pietra di fondamento per chi vive nell’incertezza e che l’altro è pietra d’inciampo per chi vive di certezze. Non sa che Pietro è il difensore della tradizione, e Paolo è l’uomo delle nuove frontiere. Che uno è la Chiesa costruita sulla pietra, l’altro è la Chiesa incamminata sulla strada. Che uno è governo, e l’altro è missione.

Uno ha cercato di essere un ottimo giudeo, ligio e fedele alle tradizioni, ma si è comportato da pagano negando pubblicamente di amare il suo Dio; l’altro era amico dei pagani ma ha vissuto la propria fede in una maniera talmente integralista da far pensare che, in fondo, non ha mai rinunciato a essere fariseo.

Uno sommerso dal senso del peccato per aver tradito il Signore, si immerge nel bagno delle sue lacrime amare; l’altro, ancora cieco, si immerge nel battesimo e con esso si impregna della grazia di Dio.

Uno conosce direttamente Cristo sulla riva, l’altro è conosciuto direttamente da lui sulla strada. Uno ha la barca per pescare, e senza il Maestro non prende mai nulla, l’altro la usa per annunciare, anche quando naufraga sull’isola di Malta, proprio come continua a succedere oggi. Uno è il principe, l’altro l’ultimo tra gli apostoli. Uno è impregnato di beata ignoranza e di una semplicità quasi ingenua, l’altro sfoggia una cultura senza paragoni.

Pietro è talmente simile a Cristo che viene arrestato il giorno degli Azzimi, e mentre prega riceve conforto da un angelo; Paolo si dice talmente unito a Cristo da osare dire che “non è più lui che vive, ma Cristo che vive in lui.

Chi è il più “cristiano” tra i due? Chi contribuisce maggiormente a costruire la Chiesa? Il tradizionalista o il fanatico della novità?

Questi, forse, sono problemi solamente nostri. Ciò che di loro sappiamo è che a queste cose non hanno avuto affatto tempo di pensare: avevano qualcosa che “bruciava” loro dentro, un assillo quotidiano, una carità che urgeva,  che li ha portati entrambi a dare la vita per Cristo: uno fedele alla tradizione, l’altro fedele alla novità.

            E noi abbiamo paura delle nostre diversità, quando siamo chiamati a costruire la nostra piccola Chiesa, quella che vive tra le nostre case? E noi riteniamo la diversità un caos, le differenze conflitti, la varietà culturale e religiosa come motivo di scontro? Solo chi vede la Chiesa come un luogo in cui esercitare il proprio piccolo o grande potere, vede la diversità come elemento di disturbo: sì, di disturbo all’esercizio del proprio potere. Una comunità come la Chiesa non può basarsi sul potere, ma sul servizio. E quando si è al servizio, ci si tira indietro le maniche e non ci si perde in discorsi inutili o in questioni di lana caprina: si lavora per il bene della comunità. Fino all’ultimo, fino al dono della propria vita, finché si rimanga senza più sangue nelle vene, perché è tutto sparso in libagione.

Questo vuol dire essere, come Paolo e come Pietro, testimoni di Cristo Risorto. Non ci resta che ascoltare e interpretare il soffio dello Spirito, spiegare le vele, terminare la corsa, combattere la buona battaglia.