PARROCCHIA San Pietro Apostolo Bolgare

Domenica di Pasqua - Messa della sera

Domenica di Pasqua  – Messa della sera                                                         Domenica 1 aprile 2018                                                             

1ª lettura: Atti 10,34a.37-43

2ª lettura: Col 3,1-4

Vangelo: Lc 24,13-35

 

Da Gerusalemme a Emmaus

 

È veramente bello poter investire tempo, energie fisiche e anche risorse materiali in progetti che attirano la nostra attenzione e il nostro interesse, perché nonostante dietro a questo ci sia spesso un notevole dispendio di forze, tuttavia ci sentiamo talmente realizzati e ci troviamo talmente bene da dimenticare tutte le fatiche, proprio perché quello che facciamo ci appaga, ci stimola, ci dà motivazioni sempre nuove per andare avanti.

Questa gioia nel fare le cose, questo “piacere” che proviamo nel pensare a qualcosa di nuovo e di appassionante per il nostro futuro ben si sposa con la gioia della Pasqua, in cui si celebra e si canta la gioia di vivere e di fare “nuove tutte le cose” in ogni forma e in ogni espressione. Riuscire a realizzare qualcosa in cui crediamo, e poterlo fare dall’inizio alla fine con piacere e soddisfazione credo sia una delle cose più belle della vita.

Ma tra un inizio pieno di entusiasmo e una fine ricca di soddisfazioni non sempre tutto fila liscio, perché tra l’inizio e la fine c’è di mezzo un cammino, fatto senza dubbio di cose belle ma anche di molte difficoltà e delusioni. Può essere un cammino intenso, nello spazio e nel tempo, come quello che va dalla Galilea a Gerusalemme, passando per la Samaria, sconfinando più volte in territori pagani, per tre lunghi anni; ma può essere pure un cammino breve, di pochi chilometri, come quello che separa Gerusalemme da Emmaus, percorribile in sole tre ore, eppure terribilmente faticoso a causa di un entusiasmo finito sotto i piedi, di uno stato d’animo che ti impedisce di fare e pensare qualsiasi cosa, di un’assoluta mancanza di voglia di vivere che non ti permette di riconoscere nemmeno le persone più care che cercano di starti vicine. Perché è sì un cammino che parte dalla freschezza delle sorgenti della Galilea, ma per arrivare allo splendore primaverile del mattino di Pasqua deve passare attraverso l’oscura notte del Calvario; proprio come la nostra vita, quando tra l’entusiasmo degli inizi e le soddisfazioni della fine ci stanno le sofferenze e le fatiche della quotidianità.

Fortunatamente, qualcuno che si avvicina e cammina con noi condividendo le nostre fatiche c’è sempre. Ed ha il volto di Dio, anche se spesso noi non ce ne accorgiamo, intenti come siamo a piangere sulle nostre miserie, delusi e amareggiati perché in quello che abbiamo progettato ci avevamo creduto, avevamo investito tempo, energie e risorse; dimenticandoci, però, di aprire gli occhi, gli orecchi e il cuore alla Parola del Maestro, perché troppo indaffarati a costruire, fare, sbrigare, realizzare i nostri progetti.

Ci si prospettava dinanzi una vita fatta di successi, grazie anche a un Dio che benediva tutti i nostri progetti e le nostre opere: un Dio che per noi faceva miracoli, un Dio funzionale a tutte le nostre idee e i nostri programmi. Eravamo convintissimi che tutto andasse perfettamente, che un Dio così rappresentasse la nostra salvezza. Finché poi l’hanno preso e fatto fuori. E lui si è lasciato tradire, ingannare, eliminare senza opporre alcuna resistenza. Tutto questo ci sconvolge; ma ci sconvolge ancor di più sapere che qualcuno afferma di averlo visto nuovamente in vita e disposto a ricominciare con noi tutto da capo.

Ma noi no, un Dio così non l’abbiamo visto: il nostro Dio l’abbiamo visto morire e crediamo che non tornerà più a farci visita. Quindi, è bene che i nostri progetti prendano un’altra strada. Preferiremmo non parlarne più, soprattutto quando chi ci sta a fianco ci chiede, da perfetto forestiero, di raccontare, di buttar fuori tutto quello che abbiamo dentro. Non ci va proprio, di raccontarci: e se lo facciamo, è proprio per rispetto a chi cerca di condividere un pezzo di strada con noi, perché ci vede delusi e con il volto triste. Giusto per non essere scortesi.

Macché “scortesi”! Ci sentiamo dire, da chi ci accompagna, che siamo “stolti e lenti di cuore”, stupidi e duri di comprendonio, e che se avessimo lasciato aperto il nostro cuore alla Parola di Dio, non avremmo ragionato così: non ci saremmo costruiti l’immagine di un Dio fatto su misura e pronto a benedire i nostri progetti, ma avremmo capito che il nostro Dio è il Dio-fatto-uomo, che ha condiviso tutte le nostre debolezze - morte compresa - e i nostri limiti, peccato escluso. Avremmo pure compreso che di un Dio così non bisogna mai disperare, perché se ci è sempre camminato a fianco nei momenti belli e pieni di entusiasmo, lo farà (e già lo sta facendo) anche quando i momenti sono poco lieti e tutto sembra crollarci addosso.

È solo questione di aprire occhi, orecchi, cuore e mente alla sua Parola; di smetterla di pensare sempre e solo alle nostre cose e ai nostri progetti chiedendo per di più a lui di approvarli e benedirli, come un cappello messo in cima a un abito che noi soli ci siamo preoccupati di tessere e cucire senza bisogno del suo aiuto.

Allora assumerà un altro significato anche il cammino della vita. Allora non cammineremo più “col volto triste” parlando continuamente delle nostre paranoie a chiunque incontriamo per la strada. Allora la Parola ascoltata in chiesa non sarà più un supplizio barboso e insopportabile, ma ci farà “ardere il cuore” mentre la ascoltiamo. Allora il Pane spezzato nell’Eucaristia non sarà più un gesto abitudinario, una routine, una cosa scontata di ogni domenica, ma ci aprirà gli occhi ed il cuore e riconosceremo in quel gesto la sua presenza, il suo stare in mezzo noi, il mangiare di Dio con noi.

Però, dobbiamo essere disposti ad accettarlo. Accettare che Dio cammini con noi sulle strade della vita; accettare che sia lui a progettare, costruire e realizzare la nostra vita; accettare soprattutto di partire senza indugio ad annunciare, a chi ancora non lo ha scoperto, tutto ciò che lui, il Dio della Vita, ha fatto e continua a fare per noi.