Silenzi

La nostra è una società che non è più abituata al silenzio. A parte in alcune zone remote del nostro Bel Paese, è ben difficile che nelle nostre città o nei nostri stessi paesini di provincia si riesca a ritrovare la dimensione del silenzio, o  anche solo oasi in cui l’assenza di rumorici faccia riscoprire un po’ di tranquillità e di serenità. Nemmeno la notte, ormai, è il momento del silenzio, o se lo è, lo è per pochissime ore, oramai.
È sufficiente vivere nelle vicinanze di un locale o di un bar, magari in piazza, dove i rintocchi notturni delle ore provenienti dal vicino campanile vengono messi a tacere per ottemperare alle doverose norme di regolazione dell’inquinamento acustico, alle quali però non sono chiamati a sottostare gli schiamazzi notturni di chi, quasi tutte le sere, alza il gomito, prima ancora che il volume; è sufficiente vivere vicino al cavalcavia dell’autostrada per rendersi conto che le barriere isolanti antirumore collocate a spese dello stato (con i soldi lasciati dagli automobilisti al casello in uscita, ovviamente) fanno poco o nulla, in termini di riduzione dei decibel; è sufficiente avere il sonno leggero per svegliarsi (ogni quindici giorni, di martedì) quasi di soprassalto con il “dolce tintinnio” dei vetri raccolti in maniera diligentemente differenziata da chi, senza sua colpa, lavora per lasciare pulito il nostro paese nelle prime ore dell’alba; è sufficiente passare dal nostro oratorio (in modo particolare dal salone o dal bar, per nulla insonorizzati...ma ci stiamo  pensando...) un venerdì tra tardo pomeriggio e sera per renderci conto cosa sono in grado di produrre, in termini acustici, duecento ragazzi della catechesi.

Se a questo aggiungiamo quei piccoli....