PARROCCHIA San Pietro Apostolo Bolgare

Sabato 31 marzo 2018 - Sabato Santo - B

Sabato Santo nella Veglia Pasquale                                                                    

Sabato 31 marzo 2018

Letture dall’Antico Testamento

Epistola: Rm 6,3-11

Vangelo: Mc 16,1-7

 

Non abbiate paura!

 

Viviamo di paure. Paure da vivere, paure di una vita, paure da quando viviamo. Non abbiamo neppure l’uso della ragione, e uno dei primissimi sentimenti che proviamo, è proprio la paura.

Da bambini, abbiamo paura di non avere più la mamma al nostro fianco, ogni volta che la cerchiamo o che pronunciamo il suo nome senza trovare risposta.

Da ragazzi, abbiamo paura che i nostri amici o le nostre amiche del cuore ci possano tradire, oppure ci possano escludere perché risultiamo essere loro antipatici.

L’adolescente ha paura di non piacere, ora che il suo corpo si trasforma: e non ha paura tanto di essere lasciato da solo o di non riuscire a far innamorare nessuno, ma di essere preso di mira dai bulli, ed emarginato.

Da giovani, abbiamo paura del futuro, perché di roseo – in particolare nella società contemporanea – non s’intravede proprio nulla, e la parola “definitivo” sta ormai scomparendo dal nostro lessico quotidiano.

Da adulti, le paure non sono più quelle del futuro, ma quelle dell’oggi, della vita di ogni giorno: paura di ammalarsi, paura di non arrivare alla fine del mese con lo stipendio, paura di perdere il lavoro, paura che i figli prendano una brutta strada, paura ad andare in giro soprattutto la sera.

E quando alla sera ci arriviamo, intendo dire alla sera della vita, emergono le paure dell’anziano: paura di non avere capito bene quello che ci dice il medico, paura di dar fastidio a figli e nipoti, paura a uscire di casa per paura di sentirsi male in giro, paura di perdere l’uso della ragione, paura di restare da soli.

È una paura continua, sia perché non ci abbandona mai, sia perché si ripresenta in ogni età in forma diversa, per cui difficilmente riusciamo a vincerla definitivamente, sia perché ci è sconosciuto l’oggetto, il motivo di fondo della nostra paura. Se sapessimo cos’è effettivamente ciò di cui abbiamo paura, se - ammesso di saperlo - avessimo la possibilità di conoscerlo fino in fondo, di certo non avremmo paura, perché sapremmo quali strategie attuare per affrontarlo. Invece, è proprio l’ignoto che ci fa paura, lo sconosciuto, ciò che ignoriamo, ciò di cui non sappiamo. Di molte cose non sappiamo, di molte cose ignoriamo la natura, l’essenza: ma più di tutte le cose, ciò che maggiormente ignoriamo è il “dopo di noi”, il “dopo” che avverrà “di noi”, ciò che succederà di noi “dopo”. Dopo la morte: la grande incognita e – insieme – l’unica grande certezza.

Neppure “passato il sabato” le donne che si recavano al sepolcro avevano terminato di avere paura. “Passato il sabato” significava anche “passato il venerdì”, per cui ormai non è che rimanesse molto da fare, più di quello che era stato fatto. Lacrime da versare non ne erano rimaste più: era ormai tutto finito, e non rimaneva che imbalsamare il corpo, ungerlo per l’eternità, in modo che la corruzione della morte arrivasse, sì, ma il più in là possibile. E comprati gli oli aromatici, andarono al sepolcro, con la paura di non riuscire a rotolarne via la grande pietra. Ma la pietra, benché fosse molto grande, era già stata fatta rotolare: e qui, la paura aumenta, fino a raggiungere il suo culmine alla vista di un giovane in bianche vesti, seduto sulla destra del sepolcro.

Chi non avrebbe paura a entrare in un sepolcro e trovarci una persona seduta, viva, che per di più ti rivolge la parola, ma soprattutto costatare che non si tratta della persona defunta che potevi immaginare di trovare? La paura ha talmente pervaso il cuore e l’animo di Salome e delle due Marie che anche uscendo dal sepolcro (lo dice l’ultimo versetto del brano, che non abbiamo letto nella Liturgia) scapparono impaurite senza dire nulla a nessuno, ovvero senza dare l’annuncio della resurrezione di Gesù Nazareno.

L’annuncio della resurrezione di Gesù – al contrario di quanto Gesù ha fatto in vita - non fa miracoli, non cambia di colpo l’animo delle persone, non li fa passare di colpo dall’angoscia alla gioia: va assimilato, compreso, capito, accettato. Perché è scomodo. Perché vuol dire ricominciare tutto da capo, dalla Galilea, dove il Risorto ci precede.

Eppure, quel giorno “passato il sabato”, Gesù risorto era già nel cuore di Salome e delle due Marie: perché – ci dice Marco – arrivarono al sepolcro “al levare del sole”. I primi cristiani chiamavano Gesù “il sole che nasce vittorioso dall’alto”; il verbo “levare”, riferito al sole, è lo stesso verbo della resurrezione. Senza saperlo, senza essersene accorte, Salome e le due Marie arrivano al sepolcro con il Risorto già nel cuore. E questo perché il giorno “prima di quel sabato” avevano avuto il coraggio di stare sotto la croce; e ora, nonostante la paura, sono state nel sepolcro.

Se stai sotto la croce, vieni inondato dal dolore della morte; se poi però entri nel sepolcro, lo troverai vuoto perché la morte è divenuta vita.

Allora, forse, anche la morte non farà più così paura; e forse, non ci farà più paura neppure vivere la vita.