PARROCCHIA San Pietro Apostolo Bolgare

Domenica 17 dicembre 2017 - III domenica di Avvento

III Domenica Avvento - B                                                                       

Domenica 17 dicembre 2017

1ª lettura: Is 61,1-2.10-11

2ª lettura: 1 Ts 5,16-24

Vangelo: Gv 1,6-8.19-28

 

Venne un uomo

 

A volte penso che l’umanità sia carente di molte cose. Manca di cibo, manca di acqua, manca di servizi basilari per tutti, manca di un clima normale, manca di serenità, manca di pace. Manca veramente di tante, tantissime cose. Sicuramente, è anche ricca di tante altre. Ma c’è una cosa che manca più di tutte all’umanità, ed è… se stessa. L’umanità manca di umanità. L’umanità manca di uomini e donne che riescano a essere uomini e a essere donne nel senso vero e più profondo del termine. L’umanità manca di qualcosa che la faccia essere veramente ciò che è: un insieme di uomini e di donne che vivono in comunione di altri uomini e di altre donne, riuniti in comunità, in gruppi, in territori, ma non come vivono tra di loro un branco di animali selvatici, bensì tirando fuori il dono più bello di sé, appunto la loro umanità.

E cos’è che rende gli esseri umani veramente uomini, veramente donne, capaci di umanità, distinguendoli spesso (non sempre, purtroppo…) dagli animali? È quel soffio di vita che è stato messo nelle loro narici da Colui che li ha creati. Ognuno lo può pensare, interpretare e chiamare come desidera: per chi crede, è lo Spirito di Dio. Uno Spirito che, messo nel nostro cuore da quando siamo al mondo, o chissà, forse anche da sempre, non deve essere mai soffocato, non deve mai essere spento, come ci dice Paolo nella seconda lettura: “Non spegnete lo Spirito”.

Le parole di Paolo, che forse in questo periodo di Avvento stiamo un po’ lasciando da parte per concentrarci di più sulle parole di Isaia o sui brani di Vangelo, oggi sono di una ricchezza tale che non possiamo permetterci di lasciar passare inosservata e inascoltata: “Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie… Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male… Tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo”. Una vera e propria lezione di umanità. Che cosa significa, in fondo, essere uomini e donne veri, se non cercare di mantenere una felicità interiore ed esteriore, saper ringraziare sempre, lasciare agire lo Spirito che agisce in ogni cosa e in ogni persona, valutare il bene e il male e scegliere il bene, creare un’unità interiore nella nostra persona, ovvero tra spirito, anima e corpo? Una lezione ardua? Sì, senza dubbio, soprattutto da quando – e purtroppo, da sempre – abbiamo fatto prevalere nelle nostre relazioni e nel nostro modo di pensare e di agire il peggiore degli atteggiamenti che noi umani possiamo avere, ciò che ci rende così spesso disumani: l’orgoglio, il voler essere come Dio, il peccato delle origini, di cui ci ha parlato bene la Solennità dell’Immacolata, all’inizio di questo cammino di Avvento. E allora adesso ci vuole un buon antidoto all’orgoglio, per poter ritrovare la nostra umanità perduta, quella che ci rende umani al punto di riuscire a vederci tutti come fratelli invece che come nemici e antagonisti. È per questo, forse, che oggi sulla scena torna in maniera ancor più decisa un uomo, che con la sua umiltà genuinamente umana, ci rimette al posto che ci compete, alla sequela del nostro Dio.

“Venne un uomo, mandato da Dio: il suo nome era Giovanni”, “Dio è fedele”. Dio è talmente fedele a noi che per farci vedere che non ci ha abbandonati, ha accettato il rischio di farsi lui stesso umanità. Lui, che dal principio è la Parola (ce lo ricorda l’inizio del quarto Vangelo), accetta di farsi uomo, e per annunciarci questa sua decisione ci manda un uomo, che si fa parola perché la Parola si faccia uomo.

No, non è un gioco di parole: non per nulla ho distinto Parola (con la “P” maiuscola) da parola (con la “p” minuscola), perché quell’uomo mandato da Dio ha accettato la sua missione - e ha fatto prevalere la sua missione sulla sua persona – facendosi minuscolo perché un altro avesse il posto maiuscolo che gli spetta nella grammatica di Dio. E quell’uomo mandato da Dio non avrebbe fatto alcuna fatica a occupare il posto di Dio, perché era colmo del suo Spirito fin dal grembo materno, perché le folle accorrevano a lui da ogni luogo, perché parlava in nome di Dio e con l’autorità che gli veniva direttamente da lui, perché era il più grande fra i nati da donna. Eppure, non ne approfittò: negò chiaramente di essere il Messia, negò di essere il Cristo, negò addirittura di essere ciò che invece veramente era, l’Elia atteso da Israele, pur di dar risalto a uno che è venuto “dopo di lui”, perché era un suo discepolo, ma di fronte al quale non si sentiva nemmeno all’altezza di un servo, e rispetto al quale non ebbe la pretesa di appropriarsi di quella porzione di popolo d’Israele che vedeva in lui il Messia tanto atteso.

Storie di uomini, impregnate di umanità. Storie di uomini di cui sentiamo la mancanza, di cui abbiamo nostalgia, di cui abbiamo fame e sete. Storie di uomini e di donne di cui non sentiamo mai parlare, non perché non esistano, ma perché l’umiltà, per sua stessa natura, non fa rumore, non si fa udire, non si fa vedere, non si mette in mostra. Quando incontriamo qualche nostro simile che ama mettersi in mostra, farsi vedere, farsi sentire, diffidiamo della sua umanità: ne ha gran poca.

Del resto, qualcuno, in quella notte di Natale, in quello sperduto villaggio della Giudea, ha forse saputo che la Parola di Dio si era fatta uomo? Sì, una sola persona, la Donna per eccellenza: tutto rimandato a domenica prossima…